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Maurizio Villani

Per cinema digitale (contrapposto ad analogico) si intende quella forma di rappresentazione di immagini (e di suoni) ottenuta attraverso un processo algoritmico, che trasforma l’informazione in dati numerici discreti, capace sia di elaborare oggetti realizzati con altri strumenti (immagini fotografiche o video), sia di creare prodotti del tutto nuovi. Tale processo è effettuato da apparecchiature computerizzate, le cui sempre più potenti capacità di calcolo ne accrescono di continuo l’utilizzazione. Se negli anni Ottanta del ‘900 l’impiego degli strumenti digitali si limitava alla creazione di effetti speciali nella fase di postproduzione, nei decenni successivi tale impiego si è esteso sia a tutti gli aspetti della lavorazione (le riprese, il sonoro, gli effetti speciali, il montaggio), sia alla distribuzione (la sostituzione della pellicola con dispositivi di memoria elettronica e la possibilità di distribuire film per via telematica), sia alla proiezione attraverso apparecchiatura digitali e sia alla conservazione e al restauro delle pellicole tradizionali.

In questi ultimi anni il progresso tecnologico consente di generare immagini sintetiche, dotate di un alto grado di realtà, che si possono sostituire alle matrici reali nella creazione di scenografie, di costumi e anche di interpretazioni attoriali. Il settore che per primo ha raggiunto la completa digitalizzazione del contenuto di una pellicola cinematografica è stato il cinema d’animazione.

Tecnicamente nella fase delle riprese le videocamere digitali convertono i segnali analogici provenienti dall’obiettivo, li fissano su chip elettronici e li memorizzano su supporti magnetici, da cui possono essere trasferiti ai computer per essere elaborati. In questa fase il principale problema è quello della qualità dell’immagine elettronica, che in questi ultimi anni ha raggiuto, e anche superato, la qualità fotografica grazie ai progressi delle telecamere ad alta definizione e dei supporti di visualizzazione, che hanno consentito di raggiungere livelli molto elevati di risoluzione delle immagini.

La questione maggiore posta dal connubio tra informatica e cinema è quella di poter generare immagini prive di una matrice fisica. A differenza del cinema tradizionale, della televisione e della fotografia, l’immagine digitale si presenta come una pura astrazione matematica che, per avere un accredito di significatività, deve prendere forma e fare i conti con la realtà da un lato, e con le rappresentazioni artistiche umane dall’altro.

Tra i tanti problemi di natura teoretica posti dalla diffusione del cinema digitale se ne possono indicare due: quello della omologazione culturale e quello del rapporto con la realtà. Ad essi la ricerca filosofica deve applicarsi per offrire delle soluzioni plausibili.

Sul primo punto, il processo in corso nel mondo digitale si muove rapidamente verso la creazione di una piattaforma tecnologica omogenea, in cui film, video, musica, televisione, videogiochi, Internet, esprimono stilemi e contenuti sempre più simili, usando forme di intrattenimenti che finiscono per confondere e omologare tutti i linguaggi della comunicazione.

Quanto al problema del rapporto con la realtà, il progressivo diffusione dell’informatica nel cinema ha portato a sostituire alle immagini che rappresentavano “fisicamente” il mondo reale quelle prodotte da un algoritmo, corrispondente a una pura astrazione matematica. Quali rapporti si instaurano tra queste immagini digitali, da un lato, con la rappresentazione della realtà e, dall’altro, con l’immaginario della creazione artistica?