| Estetica del cinema
Maurizio Villani
L’espressione estetica del cinema presentaun’ampia pluralità di significati che possono generare molti equivoci. Una prima operazione chiarificatrice è quella che distingue l’estetica filosofica dall’estetica specifica del cinema.
L’estetica filosofica, fondata da Baumgarten con la pubblicazione dell’Aesthetica nel 1750, si presenta come un nuovo sapere che studia la conoscenza sensibile nelle sue varie rappresentazioni (in particolare nelle rappresentazioni dell’arte in cui si esprime la “bellezza”). Kant sviluppa questa linea, definendo il giudizio estetico come una riflessione sulla bellezza dell’oggetto, fondata sull’armonia tra l’immaginazione e l’intelletto e capace di suscitare nel soggetto un sentimento di piacere. Fin dalle origini moderne l’estetica presenta questo duplice significato: teoria della conoscenza sensibile e riflessione sull’arte e sul bello.
L’estetica del cinema si presenta come un’estetica “speciale” che tratta sia dei principi dell’esperienza filmica, sia dei valori estetici delle opere cinematografiche e dei canoni che presiedono al giudizio artistico sul cinema. Fermo restando che questa distinzione non implica separatezza, ma richiede una avvertita capacità di interrelazione. Di tale nesso tra mezzo tecnico, nella sua evoluzione operativa, e modo di percepire e fruire l’opera, si era interessato già nel 1936 Walter Benjamin neL’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica.
Sotto il profilo della trattazione dell’esperienza filmica si aprono due vasti settori di ricerca: dal punto di vista soggettivo occorre indagare i meccanismi percettivi deifruitori dei messaggi filmici; dal punto di vista oggettivo vanno studiate le capacità espressive degli strumenti tecnici sempre più potenti (vedi le teorie empirico-pragmatiche del cinema).
Sotto il profilo del giudizio sull’artisticità delle opere cinematografiche e sulle “forme” del linguaggio del cinema, la gran parte delle estetiche filmiche (almeno fino alla metà del XX sec.) si sono concentrate sulla ricerca della specificità del linguaggio cinematografico e sul suo carattere non meramente riproduttivo.
Gli studiosi sono concordi nell’indicare che una vera e propria estetica del cinema sorse negli anni Venti in Unione Sovietica, con Kulešov, Pudovkin, Vertov, Ejzenštejn. Ne sono esempi la delineazione della teoria del montaggio e della teoria dell’asincronismo, fondata sul montaggio sonoro contrappuntistico, che attesta come l’invenzione del sonoro possa arricchire il linguaggio filmico, dandogli nuove opportunità estetiche.
Nella seconda metà del Novecento le prospettive di estetica filmica si muovono o lungo percorsi di stampo realistico (da Guido Aristarco, prossimo dalle posizioni lukacsianealle tesi di André Bazin sul “cinema della realtà”, capace di trasformare il realismo tecnico in realismo estetico); oseguendo impostazioni derivate dalla semiotica (da Peirce e da de Saussure, a Morris, fino a Jakobson).
Un importante contributo alla riflessione estetico-filosofica sul cinema è venuto negli anni Ottanta del Novecento da due saggi di Gilles Deleuze, L’immagine-movimento e L’immagine-tempo. Sviluppando idee di Bergson, Deleuze sostiene cheil cinema d’autore abbia sia un valore estetico, paragonabile a quello delle arti tradizionali, sia una dimensione filosofica, in cui acquistano nuovi significati concetti quali il reale e l’immaginario, la soggettività e l’oggettività, la natura del mutamento e della temporalità.
Molti orientamenti di ricerca, presenti nel primo ventennio del XXI secolo, mettono al centro della propria riflessione il tema dell’esperienza che lo spettatore fa nella visione di un film e che coinvolge, oltre alla dimensione conoscitiva, quelle empatica, emozionale e corporea. Segue questa impostazione l’approccio fenomenologico, riproposto da Vivian Sobchack, secondo la quale l’esperienza dello spettatore al cinema non è quella di un “io disincarnato” o “trascendentale”, bensì quella di un soggetto che prova sensazioni corporee immediate e “risonanze multi-e inter-sensoriali”. Di derivazione analitica e cognitivista sono le teorie di autori come Plantinga, Bordwell, Carroll, Gregory Currie, Richard Alien, chehanno indagato i meccanismi che presiedono all’attività cosciente di comprensione del racconto filmico o hanno messo in luce come altre dimensioni, non razionali, intervengano nel rapporto spettatore-film (emozioni, relazioni di simpatia/antipatia o di empatia).