| Filosofia e cinema
Maurizio Villani
Il rapporto tra filosofia e cinema si presenta assai complesso per la mutevolezza delle protettive da cui può essere indagato. Da un lato vi sono filosofi che hanno fatto del cinema l’oggetto delle proprie riflessioni teoretiche; dall’altro vi sono cineasti che hanno realizzato film dotati di valenze filosofiche rilevanti, sia sotto il profilo contenutistico sia sotto quello formale. Anche se le due prospettive, pur molto diverse, sono complementari all’interno di un discorso che vuole offrire un orientamento generale sulle tematiche in questione, tratterò la prima di queste due prospettive.
1-Per una definizione di cinematografo –Nel linguaggio ordinario la parola “cinematografo” (più spesso “cinema”)presenta almeno tre significati: 1) è un linguaggio, ossia una forma di rappresentazione che sfrutta le peculiari qualità del mezzo tecnico (immagine fotografico-dinamica, possibilità compositive del montaggio, uso di strumenti multimediali, eec.); 2) è un’industria, ossia un sistema di produzione, vendita, distribuzione di film come prodotto commerciale; 3) è un luogo, la sala di proiezione dov’è lo schermo e dove siedono gli spettatori.
Etimologicamente il termine cinematografo rimanda al significato di cinema come linguaggio: dal gr. kínēma “movimento” e graphein “lasciare un segno”. Con l’evoluzione tecnica il cinema è passato dall’essere un linguaggio di immagini fotoschermiche in movimento ad essere un linguaggio multimediale di immaginidigitali (vedi voce Immagine).
2-Il cinema e la filosofia del cinema sono nati insieme – Convenzionalmente si fa risalire la data di nascita del cinema al 28 dicembre 1895, quando i fratelli Lumière prepararono una serie di proiezioni a pagamento a Parigi. Poche mesi dopo, nel 1896, Henri Bergson (1859-1941) scrisse Materia e memoria, il primo saggio di filosofia del cinema, in cui dal confronto tra il funzionamento del pensiero concettuale con il “meccanismo cinematografico del pensiero” si mostra che“il meccanismo della nostra conoscenza abituale è di natura cinematografica”. (vediParte IV de L’evoluzione creatrice (1907), intitolata Il meccanismo cinematografico del pensiero e l’illusione meccanicistica).Gilles Deleuzeha riconosciuto a Bergson l’importanza della scoperta del fluire del tempo nel movimento delle immagini cinematografiche.
3-La scuola di Francoforte – A partire dagli anni Trenta del ‘900il riferimento imprescindibile sul rapporto filosofia-cinema è ai pensatori della Scuola di Francoforte, in particolare,da un lato, Walter Benjamine, dall’altro, Theodor Adorno e MaxHorkheimer, i cui giudizi di valore sul cinema sono opposti: positivi in Benjamin (che analizza i mutamenti dei valori estetici nell’età della riproducibilità tecnica dell’opera d’arte), negativi in Adorno e Horkheimer (che denunciano la compromissione del cinema con la mistificazione ideologica e l’omologazione imposte dalle logiche consumistiche.
4-La dimensione filosofica del cinema – Le problematiche che hanno interessato maggiormente la riflessione filosofica sul cinema nella seconda metà del Novecento si possono ricondurre a tre questioni principali: 1) La natura del linguaggio filmico (lo specifico filmico); 2) Il cinema analizzato dal punto di vista della teoria della percezione e da quello dell’estetica filmica; 3) Le questioni socio-politiche derivanti dall’essere il cinema un mezzo di comunicazione di massa.
5-Filosofia e nuove teorie del cinema – Nuove teorie del cinema ispirate a correnti filosofiche di impostazione neo-fenomenologica, analitica o cognitivista hanno, negli ultimi vent’anni, messo al centro della propria riflessione il tema dell’esperienza che lo spettatore fa nella visione di un film e che coinvolge, oltre alla dimensione conoscitiva(la cognizione fredda), quelle empatica, emozionale e corporea (lacognizione calda).Nel primo caso l’elaborazione di percezioni èindipendente dal coinvolgimento emotivo; nel caso della cognizione calda, invece, lo spettatore è influenzato dallo stato emozionaleche si associa a un’eccitazione cognitiva e corporea. Lungo questa linea si ritrovano le teorie sulle emozioni simpatetiche di Plantinga e le tesi fenomenologiche di Vivian Sobchack, secondo la quale l’esperienza dello spettatore èquella di un soggetto che prova sensazioni corporee immediate e “risonanze sensoriali”.
Antitetiche a queste posizioni sono quelle della “film-philosophy”, che muove dall’idea del “film come filosofia”, fondata sulla relazione tra film e pensiero e sui meccanismi generatori della capacità del film di “produrre pensiero”.